Le Tour du Monde - parte I
Il "Visa pour l'image" di Perpignan del 2020 si è svolto regolarmente e, al solito, ci ha mostrato ciò che succede intorno al mondo
Buongiorno a tutti e tutte.
Le Fotonews di Fotoradio sono un podcast che parla di fotografie collegate da loro da uno spunto comune. In questo caso il fil rouge è il resoconto da Visa pour l’image, il festival di fotogiornalismo che si tiene tutti gli anni, da 32 anni, a Perpignan, nel sud-ovest della Francia. L’evento è programmato anche per il 2021 a Settembre.
È uscita stamani, giovedi 26 marzo 2020, la nuova puntata del podcast dedicata appunto al giro del mondo fatto a Perpignan (registrata a settembre) che trovate qui. Se volete, potete ascoltarla sulla vostra piattaforma preferita che trovate a questo link. Maggiori dettagli sul progetto sono in calce.
Ora parliamo subito di fotografie e delle storie che le fotografie raccontano.
Perpignan - settembre 2020
Bisognerebbe fare un discorso a parte sui “festival”, sul senso che hanno. Restando veloci (abbiamo 16 foto da vedere!), i festival sono l’occasione per immergersi completamente in un argomento con centinaia di altre persone che convergono in quel punto per fare lo stesso.
Nonostante la pandemia, nonostante gli ingressi contingentati alle mostre e i percorsi obbligati, anche nel 2020 a Perpignan tutto questo è accaduto ed è stato denso, anche più del solito.
La peculiarità di Perpignan è di essere focalizzato sul fotogiornalismo. Il Visa pour l’image è quindi l’occasione per vedere i migliori foto reportage del mondo, per conoscere i drammi del mondo e magari intravedere qualche soluzione.
Girare per il Couvent des minimes e l’eglise des dominicains è un po’ come fare un giro del mondo. E tornano alla mente Fogg e Passpartout del romanzo di Verne del 1873 Il giro del mondo in 80 giorni (titolo originale: Le Tour du monde en quatre-vingts jours).
E con questa idea in testa, cominciamo.
Abbiamo troppe foto per una unica newsletter quindi la spezziamo in due parti. La seconda arriverà domani.
Le tour du monde
Fogg e Passpartout girano il mondo per una scommessa. Prima di loro, e nella realtà, George Francis Train girò il mondo per promuovere i suoi affari.
Il giro del mondo che facciamo noi oggi invece è un giro del mondo lontano dai luoghi promossi dall’industria turistica. Ogni tanto, fuori dagli alberghi, dai monumenti e dalle trattorie tipiche, ha anche senso provare a guardare cosa c’è davvero nelle città del nostro pianeta.
Europa
Il giro del mondo di Phileas Fogg e Passpartout parte da Londra e come prima tappa punta verso Brindisi.
Noi andiamo qualche chilometro più a sud
Priolo
a Augusta-Priolo in Sicilia sorge uno dei più grandi complessi petrolchimici d’Europa che fornisce un terzo del fabbisogno di petroli dell’Italia. E, ovviamente, genera degrado e inquinamento.
Ce lo racconta Elèna Chernyshova (1981), fotografa nata a Mosca e con base in Francia, vincitrice del WPP nel 2014 (link).
La foto che abbiamo scelto dalla sua selezione a Perpignan, mostra delle ciminiere sopra un agrumeto. Una foto che direbbe poco dal punto di vista artistico ma l’obiettivo qui non è l’eccellenza fotografica, quanto piuttosto contribuire alla documentazione di una situazione.
Chernyshova qui racconta il sacrificio di una terra nell’ospitare un polo petrolchimico che dà lavoro a decine di migliaia di persone ma, al tempo stesso, causa incremento di tumori o mette a rischio un’altra importante risorsa della regione: l’agricoltura.
Africa
Da Brindisi, il duo Fogg e Passpartout arriva via piroscafo a Suez.
Chi può darci un contributo a capire un po’ meglio quel continente è Yasuyoshi Chiba, (link) fotografo dell’AFP, vincitore del WPP nel 2020, che dalla sua terra natale (il Giappone) si è trasferito a Nairobi, in Kenya, e da allora documenta numerosi fatti di guerra e anche la vita di tutti i giorni.
Dice:
L’africa è un posto che mi insegna quello che non conosco e che non riesco a immaginare.
La foto che abbiamo scelto ritrae due ragazzi in una bidonville del sud della Nigeria, che si sono attrezzati per giocare a ping pong con quello che hanno trovato in giro: una panca, un bastone e due pezzi di legno.
La foto è perfetta per raccontarci l’impegno di questi due nel contesto degradato delle baraccopoli. Ma senza indugiare nella pietà e nella compassione, Chiba ricorda che l’essere umano si adatta con quel che ha.
Asia
Da Suez, gli eroi del giro del mondo si imbarcano su un piroscafo per raggiungere l’India.
Noi invece proviamo a viaggiare su un percorso via terra, passando dalla Siria, dall’Azerbaijan e dal Pakistan.
Siria
Raqqa è stata la capitale dell’Isis. Adesso è una città distrutta, popolata solo di donne e bambini, che gli uomini sono morti o sono in galera.
Il quotidiano belga De Morgen ha inviato Tim Dirven (1968) sul posto.
Lo scatto che Dirven ha preso a Raqqa vede sullo sfondo palazzi distrutti, alberi abbattuti, strade dissestate. In primo piano una bambina con due orecchie da topolino che si diverte su una giostra un po’ arrugginita.
Un contrasto facile. Ma intanto bisogna esserci a scattare foto in quelle terre dimenticate, dove nessuno ha intenzione di ricostruire niente e gli abitanti convivono con le tragedie del passato e del futuro.
Nagorno-Karabakh
Sono stato a Perpignan a settembre del 2020 e lì ho raccolto il materiale per la puntata del podcast (che ho registrato subito) e per questa newsletter. La situazione in questa terra sospesa fra Armenia e Azerbaijan è precipitata nei mesi successivi e si è evoluta. Qui c’è un articolo recente di Internazionale che ne parla.
Ma tornando a settembre, mi ha colpito Anush Babajanyan , fotografa armena, tra le fondatrici di 4plus, un collettivo di donne fotografe armene con lo scopo di sviluppare la fotografia documentaristica per rafforzare la figura femminile in Armenia (e non solo). Qui il sito della Babajanyan e qui quello del collettivo.
Babanjanyan ci porta per i villaggi del Nagorno-Karabakh, regione del sud del Caucaso, contesa fra Azerbaijan e Armenia. È un territorio dove la pace non c’è mai stata e anche quando le armi non sparavano i contrasti fra i popoli continuavano.
Ad esempio, l’etnia Armena è stata spinta per anni a procreare con forti incentivi economici. Addirittura, racconta la fotografa in mostra, dopo il quinto figlio veniva consegnata una casa alla famiglia.
Babajanyan ci regala dei ritratti di famiglia, numerosi, spesso con una madre-single come Epraqsya, in questa foto con i suoi 7 figli nel 2017. Le montagne della regione del Caucaso sullo sfondo e gli sguardi intesi e fieri dei figli e delle figlie, con le scarpe rotte e sporche.
Mohana - Pakistan
Ancora un po’ più a est, prima dell’India c’è il Pakistan, con il lago Manchar. Qui vive una popolazione in via di estinzione che ha 5.000 anni di storia, discendenti dei primi abitanti della valle dell’Indu.
Si tratta dei Mohana, raccontati con le foto di Sarah Caron, fotografa francese nata in Provenza nel 1972, basata ora Islamabad in Pakistan (link).
Al Visa la Caron è arrivata con un servizio commissionato dal Le Figaro Magazine sul popolo dei Mohana, che vive su case galleggianti nel lago Manchar, ammaestrando i pellicani che li aiutano a pescare.
Purtroppo l’inquinamento ha distrutto buona parte della flora e della fauna del posto e i Mohana fanno fatica a sopravvivere.
La foto che abbiamo scelto mostra una casa galleggiante, dimora tradizionale per 4.000 Mohana.
Dice Caron:
Attraverso le mie fotografie aspiro ad attirare l’attenzione sulla tragedia del popolo Mohana. Serve un intervento delle autorità pakistane per fermare questa crisi umanitaria e ambientale.
India
Allora, poco fa abbiamo lasciato Fogg e Passpartout sulle pagine de Il giro del mondo su un piroscafo diretto a Bombay. Oggi Bombay si chiama Mumbay e la megalopoli è attraversata dal fiume Mithi.
Bryan Denton (link) è un fotografo americano che fa base a New Delhi in India e che per il New York Times ha realizzato un reportage sul “minaccioso futuro dell’India”. Perché potrebbero essere sia siccità che alluvioni. (link all’articolo del New York Times con i testi di Somini Sengupta).
Abbiamo scelto due scatti di Denton.
Nel primo, Denton mostra un uomo di spalle che cammina in una via completamente allagata, a causa della rottura degli argini del fiume Mithi a Mumbay.
Nel secondo scatto invece una bambina porta una giara attraverso un terreno completamente arido nell’Uttar Pradesh. Un tempo le piogge monsoniche rendevano questa terra fertile.
Questa foto mi pare interessante anche di per sé. Il sole e l’assenza di acqua hanno bruciato tutto, anche i colori, rendendo di fatto monocromatico e uniforme il paesaggio e i suoi abitanti.
ancora India: Maharashtra
Bombay, ovvero Mumbay, fa parte dello stato del Maharashtra dove si ambienta il reportage più interessante che ho visto a Perpignan per il Visa pour l’image.
L’autrice di questo servizio fotogiornalistico è Chloe Sharrock, fotografa francese nata nel 1992, concentrata sul medio oriente e sui diritti delle donne dice il suo sito internet.
Il reportage si chiama Sugar Girl (link) e racconta di isterectomie, di rimozioni dell’utero.
A maggio del 2019 alcune ONG portarono alla luce il fatto che migliaia di donne che lavorano la canna da zucchero nei campi del Maharashtra erano state vittime di non necessarie isterectomie. E questo accade dagli anni ‘90 a causa di dottori che si sono arricchiti sull’ignoranza delle donne.
Infatti, le piantagioni di canna da zucchero danno lavoro al nero a donne povere che si traferiscono nei campi nella stagione del taglio delle canne, che dura 6 mesi. Un po’ una scena alla Riso Amaro, ambientato nei campi di riso dell’Italia dell’immediato dopoguerra.
Il lavoro è duro, le donne si stancano e accusano dolori e malori vali. Qui entrano in gioco dottori disonesti che, secondo queste ONG, prescrivono isterectomie da eseguire privatamente e particolarmente costose.
Chloe Sharrock racconta questa storia mettendo insieme i ritratti delle donne del Maharashtra, primi piani delle loro ferite, i momenti di lavoro nei campi e le baraccopoli nelle quali vivono.
Lo scatto che abbiamo scelto mostra una donna chinata su se stessa che cerca di fare un fascio di canne. Un angolo di ripresa interessante, dalla prospettiva del campo.
ancora India: Delhi
Una volta giunti a Bombay, Fogge Passpartout si spostano in treno verso Calcutta, dall’altra parte dell’India.
Anche noi lasciamo la regione di Mumbay e andiamo verso Delhi, nel nord, con James Whitlow Delano, classe 1960, americano che fa base a Tokyo (link).
Delano ha realizzato un lungo lavoro sulla plastica: negli imballaggi come nei vestiti, nei contenitori come nei molti oggeti che usiamo tutti i giorni. E la plastica usata, che non si degrada, copre ormai importanti porzioni del pianeta.
Nel 2019, dice Delano, ricercatori hanno trovato microplastiche nel ghiaccio artico come nella fossa delle Marianne nel Pacifico. Il 90% degli uccelli marini ingerisce plastica. Qualcuno di questi è stato trovato con così tanta plastica nello stomaco da non aver più spazio per il cibo. E lentamente, si muore di fame.
Sono concetti che abbiamo sentito ricordare molte volte e che le fotografie di James Whitlow Delano ci mostrano anche da un altro punto di vista.
In questo scatto, due ragazzi a Delhi su un corso d’acqua. Si guardano, stanno parlando. Il contesto è però agghiacciante. Uno dei due è in acqua, su una imbarcazione di fortuna, realizzata con pezzi di plastica e altri rifiuti, con la quale si sposta per cercare plastica riciclabile da vendere. Sulla riva si trova l’altro ragazzo, una riva tutta costituita da plastica.
Quello che Delano ci fa vedere nei suoi scatti è che la plastica non è più soltanto un rifiuto ma, peggio, è un elemento costitutivo e stabile del paesaggio, dove gli esseri umani devono adattarsi a vivere.
[continua nella email di domani…]
Buona giornata!